Palumbo, Giuseppe e Luciano Curreri. L’elmo e la rivolta. Bologna : Comma 22, 2011.
Forse è una coincidenza. Forse fa parte di quell’“aria del tempo” indefinibile che vuole che ogni tanto, anche a notevoli distanze e senza rapporti particolari, vi siano fenomeni simili che si sviluppino e paiano indicare nuovi movimenti, nuove direzioni possibili anche in campi apparentemente ossificati, fissi nelle loro forme tradizionali più consacrate, che nessuno s’aspetterebbe di veder cambiare e trasformarsi neppure in cent’anni di tempo. Uno di questi campi, e forse tra i più regolamentati, è quello dei saggi, che siano di motivo letterario o più largamente culturale. La forma dell’“article savant”, del “refereed article” – arma essenziale nell’arsenale del ricercatore universitario, obbligato dall’istituzione a saltare un numero prefisso d’ostacoli nel percorso che conduce alla sicurezza d’un posto stabile – è venuta così a formarsi non solo in quanto più conveniente per l’espressione concisa e chiara di un sapere, ma anche in quanto misura, forma di un adattamento mentale riconoscibile e identificabile, garanzia di adesione a criteri che oltrepassano in fondo spesso quelli della scientificità per assumere valori più simbolici che fattuali.
È interessante per conseguenza vedere come da qualche tempo a questa parte appaiano indipendentemente sulle due sponde dell’oceano Atlantico dei tentativi di creare nuovi ibridi, nuovi modi d’espressione che permettano di concepire forme diverse per l’attività critica, non più distinta e distante dalla creazione ma a lei connessa in un rapporto nuovo, talvolta ambiguo, certamente ancora in molti modi da definire e da valutare, ma decisamente innovativo e provocante.
In Canada si assiste da qualche tempo allo sviluppo di un cosiddetto “lyrisme savant”, concepito come sforzo di integrare l’analisi con elementi che di solito essa si limita a studiare, tali il ritmo, la rima, la metafora ed altre specificità dell’espressione poetica. Questo tentativo di annullare le frontiere tra discipline tradizionalmente considerate in maniera gerarchica (l’analisi sovrapposta in posizione dominante sull’oggetto studiato, sottoposto ad essa) ha dato come risultato, in particolare nel campo degli studi filosofici, degli “oggetti scritti non identificati” che a prima vista si potrebbero confondere con dei poemi ma che si appoggiano su un apparato critico e un lavoro di ricerca e di pensiero originale identico a quelli che sottintendono gli articoli critici più tradizionali. Solamente, lo scopo diventa non solo di trasmettere un concetto, ma di dargli corpo.
Al contempo, gli organismi culturali canadesi, e più largamente nordamericani, hanno cominciato a riservare sempre più spazio nei loro programmi di sostegno a forme miste di “recherche-création” che congiungono nei modi spesso più insospettati architettura e teatro, poesia e informatica, fotografia e danza, cinema e ritrattistica...
In molti modi, questo saggio per immagini di Curreri e Palumbo cerca di proporre un ibrido non dissimile da alcune di queste sperimentazioni. Il “corpo” del concetto, questa volta, è ancora più immediatamente evidente e percepibile in quanto gli autori scelgono di presentare un saggio a fumetti, che dei fumetti adotta non solo delle riconoscibili particolarità grafiche, ma anche un umorismo simpatico (ispirato a Pasolini) efficacemente usato come contrappunto rispetto all’analisi classica. Si potrà obiettare che lo sposalizio tra il fumetto popolare e forme più eccelse di espressione non data da ieri, ma perlomeno, a voler essere generosi, dal Poema a fumetti di Buzzati nel 1969. Nell’ambito della “graphic novel” americana (tentativo molto più commerciale di quanto si dica di dare delle lettres de noblesse ai comics), tra Eisner, Feiffer ed altri vi sono stati esperimenti che si allontanavano sufficientemente dalla concezione abituale della storia per immagini da lasciare perlomeno capire al lettore non troppo superficiale di trovarsi di fronte a qualcosa che superava i limiti abituali del genere di (apparente) appartenenza. E poi Mc Cloud ha fatto la teoria dei comics in forma di comics, ma questo si può considerare ancora come una versione giustificabile di metafumetto, pur sempre limitato al campo suo. L’elmo e la rivolta riesce invece a situarsi in una zona nuova, differente da ciò a cui ci si potrebbe aspettare nel suo volere apertamente sorpassare i limiti del saggio come quelli del fumetto per cercare di dare nascita a un’entità fatta di elementi eterogenei ma non discordanti. In ciò è effettivamente, idealmente vicino alle forme di “lyrisme savant” sperimentate in altri ambiti. Mettendo a confronto Scipione l’africano e Spartaco, resuscitati e fatti convivere in uno spazio grafico a forti contrasti, fatto di larghe pennellate evocatrici e di tratti dinamici, il saggio naviga tra stato e rivoluzione, tra potere e insurrezione, ripercorrendo le rappresentazioni dei personaggi attraverso i secoli dalla letteratura più nobile a quella più popolare, per finire con il cinema. Sono convocati in ordine sparso Rosa Luxembourg, Annibale, Leon Uris, Kirk Douglas, Crasso, Liddel Hart, Manzoni, Howard Fast e Karl Marx (tra moltri altri), attorno ad un’improbabile partita a pallone e sotto l’egida di un corvaccio portaparola dell’autore, più vicino a Pasolini che a Hitchcock. Una “Postilla bibliografica” divisa per capitoli offre le referenze necessarie a chi vorrebbe prendersi la briga d’andare a scavare di più nel soggetto, oltre a qualche commento e riflessione che avrebbero troppo appesantito o rallentato il fumetto, e garantisce la serietà dell’impresa per il lettore dubbioso che avrebbe tendenza a squalificare il tentativo d’emblée.
L’elmo e la rivolta è un bell’oggetto, il che non gli fa torto. Di formato quel tanto che basta superiore algli albi Bonelli per evitare ogni confusione, stampato su buona carta, con una bella copertina dove i talenti grafici di Palumbo risaltano appieno. L’equilibrio interno tra testo e illustrazione, come tra finzione e analisi, funziona generalmente bene anche se verso la fine, in una mezza dozzina di tavole, la parola e il disegno paiono volersi spartire la pagina invece d’adoperarla insieme e si ha l’impressione che Curreri, vedendo lo spazio disponibile volgere alla fine – e cosciente di tutto quel che ci sarebbe ancora da dire – voglia fare proprio l’impossibile per dirlo tutto. Ma queste sono bazzecole di fronte a un tentativo che è chiaramente un successo e che merita d’essere riconosciuto come tale. Ora la domanda da porsi è ovviamente: “E poi?” A provare a darle una risposta, auguriamoci che ci pensino gli autori loro stessi in qualche eventuale nuova collaborazione futura.
Vittorio Frigerio
Un grazie a Vittorio per avermi/ci concesso l'anteprima; questo illuminante pezzo uscirà su Belphégor Vol. 11, no. 1 (2012)
I disegni a corredo sono stati disegnati a Louvain La Nevue il 2 marzo nell'ambito del seminario interaccademico "Dall'Unità al secondo dopoguerra - percorsi analitici: testualità, semiotica, cultura"
Nessun commento:
Posta un commento