mercoledì 6 giugno 2012
Potenza, RedHouse, BIF e L'elmo e la rivolta secondo Antonio D'Andria
Il 7, 8 e 9 giugno si conclude il primo anno di attività della Red House Lab di Potenza, scuola di fumetto e non solo in Potenza, Basilicata. Si conclude con una festa, una serie di performance, tra cui quella di Action30 il 9, e con una cerimonia degli avvii: si getteranno le basi di una Biennale del Fumetto a Matera. Waiting for BIF è il nome della situazione.
Intanto per restare in tema elmorivoltoso, vi propongo una breve relazione di Antonio D'Andria dell'Università di Basilicata, che presentò il "nostro" graphic essai a Potenza, quest'inverno. A corredo uno schizzo da una delle tappe dello spring tour e un articolo a suo tempo uscito sulla Gazzetta del Mezzogiorno.
Ci vediamo a Potenza.
A margine de L’elmo e la rivolta: alle origini dei surplus mitici novecenteschi
L’elmo e la rivolta pone in evidenza, in modo icastico e facilmente raggiungibile, il fatto che il simbolo è, da sempre, segno prediletto delle strategie di comunicazione di un messaggio, dall’Egitto faraonico alla moderna pubblicità. Fu, però, nella temperie degli eventi rivoluzionari e risorgimentali che esso prese piede come presentazione visiva ed immediata di principi e ideologie.
L’uso del simbolo fu spesso complicato dalle implicazioni culturali ed ideologiche delle due parti in conflitto e dal recupero di strategie di comunicazione legate alla cultura rivoluzionaria e/o popolare. Se, quindi, la comunicazione scritta ebbe vasto ed articolato dispiegamento di generi e modi retorici e linguistici, nondimeno anche l’uso iconico del simbolo e dell’allegoria fu altrettanto articolato, sia in forma scritta che in forma visuale: dunque, si ha una prima forma, più legata alla visualizzazione, quindi all’impatto con il popolo; una seconda, molto meno incidente, ma destinata ad una fortuna “postuma” ben più grande, legata alla comunicazione scritta. In tal senso, allegoria e simbolo vanno distinti: l’una, come strumento maggiormente legato alla comunicazione immediata di concetti e programmi; l’altro, più legato alla cultura ed alla produzione scritta, ma assai meno incisivo e vincente. Dal 1799 al 1860 si nota, in Italia ed in Europa, il rincorrersi, a livello giornalistico, pamphlettistico e di stampe popolari, di messaggi-simbolo d’indirizzo politico, nell’intento di tenere insieme diritto-dovere di resistenza repubblicana, fortemente alimentato, con il richiamo all’antico, da un rinnovato e rinvigorito senso religioso della patria.
Il lungo Ottocento liberale vide anche un uso particolarissimo delle allegorie, vere “bandiere” del sentire e dell’agire repubblicano, in cui l’antico si univa al simbolismo politico per coniare immagini della Repubblica molto particolari.
Il terreno sul quale l’uso dei simboli si fece più massiccio è, però, dato dalla comunicazione verso il popolo e dall’uso, come si è detto, di simboli eroici e/o devozionali, vera esemplificazione del fatto che, come rileva Hans Biedermann, «ogni uomo possiede una propria mitologia ed eleva al rango di simboli determinate persone, reali o mitiche».
Si nota, infatti, una netta contrapposizione tra due ideali eroici: quello rivoluzionario, laico e “alto”, ispirato al modello classico, contro l’ideale controrivoluzionario, “basso” e legato alla devozione popolare. Importanti erano i richiami a quegli eroi pagani appartenuti al passato classico, inteso quale luogo delle grandi gesta e delle grandi personalità ricontestualizzate e attualizzate simbolicamente,per poi costituire ‘’modelli’ di emulazione.
L’eroe, come ha sottolineato Luigi Mascilli Migliorini, è “chi è in grado di sentire il «bisogno di credere»”. Vale a dire che in questo periodo, accanto al tradizionale eroe classico, vengono poste in risalto dalla pubblicistica e dalla propaganda figure nelle quali individuare certamente personaggi d’eccezione, ma che sono tali poiché la loro eccezionalità è posta al servizio di una causa. Si tratta, ovviamente, di un simbolo civile, concreto, che risulta armonizzare l’individualismo, il sociale e la storia: eroi, ma al tempo stesso uomini. È, ovviamente, poiché di simbolo concreto stiamo parlando, di un’armonia contrastata e mai compiuta, perché, come evidenziava già Leopardi: «Un uomo grande non è mai perfetto. L’eroismo e la perfezione sono cose contraddittorie. Ogni eroe è imperfetto. Tali erano gli eroi antichi […], tale era l’idea che essi avevano del carattere eroico».
Antonio D’Andria
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